domenica 19 agosto 2007

Enrico Mattei 1906-1962

Nel corso del 2006 si sono svolti alcune interessanti giornate di studio per ricordare la figura di Enrico Mattei a cent'anni dalla nascita. Di seguito ne commentiamo gli atti e analizziamo un articolo di recente pubblicazione che ha suscitato un certo scalpore nella comunità scientifica.
Ricordi democristiani
Un protagonista della rinascita italianaEnrico Mattei, atti del convegno di Roma promosso dall’Associazione nazionale partigiani cristiani, 29 novembre 2006, Roma, Cardoni, 2007.

Il volume, più che delle vere e proprie relazioni di studiosi e ricercatori scientifici, raccoglie memorie legate ad Enrico Mattei di alcuni protagonisti della storia democristiana e dell’ENI negli anni ’50. Non per questo appare privo di interesse, non fosse altro perché le parole (e i silenzi) disegnano bene il momento in cui nacque in modo strutturato la cosiddetta “sinistra DC”, di cui Mattei fu uno dei levatori, fondamentale dal punto di vista delle risorse economiche.
Su come l’imprenditore marchigiano si relazionasse con la politica in passato già molto è stato scritto (su tutti i ricordi di Italo Pietra e le analisi di Carlo Galli). Le testimonianze di presentazione e introduzione di Bruno Olini e Gerardo Agostini, rispettivamente segretario e presidente dell’associazione partigiani cristiani mettono a fuoco il dettaglio distintivo che ebbe Mattei rispetto agli altri protagonisti della lotta di liberazione: la fede cristiana che animava l’imprenditore marchigiano, intensamente vissuta nello spirito sociale e riformatore della scuola di Giorgio la Pira e Giuseppe Dossetti; esemplare in merito la citazione tratta da uno dei suoi numerosi interventi in occasione di commemorazioni resistenziali e riportata in una delle relazioni:

… Operare in silenzio con tenacia nell’interesse del nostro Paese. Ogni giorno un ansia nuova ci sospinge: fare, agire, assecondare lo sforzo del popolo che risorge. Noi abbiamo fiducia nella Provvidenza, essa assiste sempre tutti, e assiste il nostro Paese, che fiorisce e si rinnova…

I princìpi sopra riportati sono in gran parte convergenti con quelli delle forze politiche riformatrici che contribuirono alla ricostruzione del nostro paese, ma nello stesso tempo divergono per il peso specifico della loro ispirazione. Purtroppo è inutile sottolineare quanto poco di questi valori sia stato sottolineato in modo positivo nelle narrazioni storiografiche. La classe politica di ispirazione azionista e socialcomunista ha avuto una storiografia che, da posizione dominante, ha contribuito a sottolineare i propri meriti, a cassare le evidenti storture, e a sottovalutare i pregi altrui, specie quelli dei protagonisti cattolici del dopoguerra.
Si legge così con piacere la vicenda di Giovanni Galloni, giovane democristiano ex partigiano, il quale tramite i leader cattolici della guerra di liberazione (Eugenio Cefis e Giovanni Marcora, uomini la cui azione è ancora oggi largamente ignorata dalla storiografia resistenziale) entrò in contatto con Enrico Mattei, da cui ottenne il sostegno per organizzare l’attività della componente “dossettiana” della DC, poi definita “la Base”. Bartolo Ciccardini rammenta nel dettaglio la pericolosa (e altrettanto ignota) attività partigiana di Mattei, prima nelle Marche e poi a Milano; di seguito descrive l’azione economica dell’imprenditore di Matelica prima all’Agip e poi all’ENI, in difesa del basilare e spesso obnubilato principio del restare padroni a casa propria. Non inutilmente, in conclusione al suo intervento, Ciccardini afferma: “…oggi si celebrano imprenditori che utilizzando proprietà pubbliche, come l’etere, per costruire imperi economici personali. E’giusto ricordare che sono esistiti imprenditori capaci di costruire grandi imprese per utilità della comunità”.
E’questo il tema affrontato da Emilio Colombo, che correttamente ricorda come l’Italia sconfitta in guerra e soggetta alla ingombrante e inevitabile pressione politica statunitense rischiò di divenire una inerme terra di conquista per le grandi compagnie petrolifere internazionali. L’azione dell’azienda di stato guidata da Mattei, l’oggi tanto deprecato “intervento statale”, evitò di legarci mani e piedi a decisioni prese all’estero sulla nostra pelle, e consentì uno spazio di sviluppo autonomo e proficuo per l’industria italiana degli idrocarburi. Un modello che, come ricorda Colombo, fu alla base di fondamentali accordi economici con i paesi che lentamente si affrancavano dal colonialismo europeo. Giuseppe Accorinti, grand commis dell’Agip e giovane dirigente dell’ENI ritorna poi sui temi già da lui affrontati in un interessante volume autobiografico (Quando Mattei era l’impresa energetica, io c’ero, Matelica, Hacca, 2006). A giusta ragione l’ex manager ricorda come quella della corruzione politica fosse in gran parte una leggenda creata ad arte dai (ben sovvenzionati) nemici italiani e stranieri dell’ENI; Mattei, secondo Accorniti, cercò in ogni modo di non estendere al livello sottostante alla presidenza le intese necessarie alla sopravvivenza e all’espansione dell’azienda. Caricò questo onere su di sé, e questo era il senso della infelice battuta sui politici pagati “come un taxi alla fine della corsa”. In quella Italia, in bilico fra due blocchi e influenzata pesantemente da strategie politico economiche straniere di segno opposto, almeno secondo Accorniti, non fu possibile fare diversamente.
Stona, in questo contesto, la relazione di Giulio Andreotti, costellata di citazioni altrui e povera di memorie personali. Forse non casualmente, visto che il politico romano non fu di certo tra i sostenitori dell’azione del presidente dell’ENI e della sua corrente politica di riferimento.

Dalla Resistenza agli idrocarburi
Enrico Mattei - Il comandante partigiano, l’uomo politico, il manager di stato, atti del convegno di Ferrara, 29 aprile 2006, a cura di Davide Guarnieri, Pisa, BFS, 2007.

La giornata di studi che l’Istituto di storia contemporanea di Ferrara ha dedicato nel 2006 alla figura di Enrico Mattei è stata, a quanto ci risulta, la prima volta in cui ricercatori scientifici si sono confrontati sulla figura del manager di Matelica. L’obiettivo del convegno era quello di focalizzare le tre anime di Mattei: leader del movimento di Liberazione, parlamentare democristiano, presidente dell’ENI.
Nota comune a tutti gli interventi, di qualità eccellente, è la disattenzione pluridecennale attorno a questa figura. Le biografie dedicate a Mattei – tutte di taglio giornalistico – hanno avuto come focal point esclusivo (e ossessivo) la tragica scomparsa del manager di stato in un mai chiarito incidente aereo nei cieli della Lombardia; poco esiste sulla storia dell’industria petrolifera italiana, scarsa è stata l’attenzione alla sua attività politica, nulla o quasi di serio, come rileva uno degli interventi, è stato scritto sull'azione di Mattei all'interno del comando generale del CVL.
Diversi gli argomenti oggetto delle analisi; Leonardo Raito approfondisce i legami fra l’imprenditore di Matelica e la democrazia cristiana, mettendo in luce i legami postbellici con i “suoi” partigiani bianchi, la cui azione nel partito sostenne in modo convinto; fu contemporaneamente promossa la piena autonomia dall’ANPI (da cui si staccò creando la FIVL), al fine di rivendicare uno spazio di “antifascismo autonomo”, in contrapposizione a quello ormai appiattito sulle posizioni del PCI. Paolo Gheda, in una originale analisi, ci mostra un Mattei attivo collaboratore di Giovanni Battista Montini, vescovo di Milano e futuro Papa, nel comitato “nuovi templi”, per la costruzione di nuove chiese nelle accresciute periferie del capoluogo lombardo.
Suscita amare riflessioni, in questa presente stagione di anticlericalismo conclamato, nella quale si ritiene che per dare prova di laicità e democrazia occorra nascondere le proprie convinzioni, il fatto che un “laico” già leader della Resistenza, e manager di una grande azienda di stato, non solo non facesse mistero di essere credente e praticante, ma addirittura contribuisse economicamente e con spirito propositivo alle necessità della diocesi dove aveva sede la propria impresa. Davvero altri e più civili tempi.
Le problematiche legate al mercato degli idrocarburi nell’Italia del dopoguerra sono poi approfondite da Matteo Troilo, mentre Ilaria Tremolada, nell’affrontare la politica commerciale dell’ENI in Iran si sofferma sulla diplomazia parallela dell’ente guidato da Mattei, la quale non di rado confliggeva con le posizioni ufficiali del ministero degli Esteri italiano. Guido Samarani, offre un ulteriore prova della straordinaria lungimiranza del manager italiano descrivendone il suo interesse per la Cina alla fine degli anni ’50, stagione in cui non esistevano legami diplomatici fra il nostro paese e il regime di Mao Zedong; e non si può che leggere con stupita ammirazione cosa Mattei pensasse del paese asiatico esattamente cinquanta anni fa:

… Si tratta di un popolo di 650 milioni di abitanti che avrà bisogno di una infinità di aiuti, fra i quali per esempio l’engineering, e che noi oggi siamo in grado di fornire tramite la più grande società europea del genere. Ossia l’ENI …

Deborah Sorrenti approfondisce in chiave globale l’azione a cavallo fra politica estera e strategia commerciale dell’ente di stato guidato dal manager marchigiano nei difficili anni della guerra fredda e della contrapposizione dei blocchi, evidenziando una originale posizione terzaforzista di Mattei; non casualmente, l’indipendenza dell’ENI nelle scelte internazionali andò scemando dopo la tragica morte del suo primo presidente. Infine Lucia Nardi descrive appassionatamente il ricco e ancora largamente inesplorato archivio storico dell’azienda; la nostra speranza è che esso possa essere visitato dagli studiosi più frequentemente di quanto non sia stato in passato, al fine di gettare nuova luce su un uomo dalla retta coscienza che molto ha dato al nostro paese.

E per Mattei, eja eja alalà
Luca Tedeschi, Enrico Mattei squadrista e dissidente fascista, in: Nuova Storia Contemporanea, n. 3-2007.

Ha fatto molto discutere questo saggio in cui vengono alla luce i trascorsi giovanili di Enrico Mattei; in realtà l’articolo, già di per sé non particolarmente lungo, se sfrondato da alcune pagine non essenziali (note biografiche, accenni al fascismo marchigiano e milanese e alla bibliografia esistente sul presidente dell’ENI) si riduce a un documento proveniente dall’Istituto Gramsci e due dell’archivio centrale dello Stato. Le carte provenienti dall’ACS, riguardano rispettivamente la denuncia che Mattei fece presso il tribunale e l’ufficio politico della milizia di Milano di un suo dipendente che aveva trafugato documentazione segreta, e un colloquio registrato da un informatore dell’OVRA in cui Mattei, dipinto come fascista di vecchia data, si lamentava della politica economica del regime. Si tratta di conoscenze di vecchia data, già citate in diverse biografie, e che, se da un lato non avevano ancora avuto un riscontro documentale, non erano mai state smentite da alcuno.
Unica effettiva novità sono le carte del Gramsci, che registrano l’iscrizione al fascio di Matelica nell’ottobre del 1922, quando Mattei era poco più che sedicenne. Null’altro si sa su questi fatti. Non esistono riscontri attendibili su eventuali attività squadriste o di altre violenze eventualmente attribuibili all’allora fattorino della fabbrica vernici del comune marchigiano. Rebus sic stantibus non si capisce davvero il clamore suscitato da questo – invero modesto – intervento di Luca Tedeschi.
Mattei fu fascista nell’adolescenza, e iscritto al PNF negli anni ’30. A noi risulta che i curricula politici di altri importanti protagonisti della Resistenza fossero ingombranti o imbarazzanti quanto o forse più di quello del futuro presidente dell’ENI. E perché non ipotizzare una tessera posticcia da “antemarcia” (esistono diversi casi, il più noto quello di Galeazzo Ciano che se la fece fare da Alessandro Pavolini) al fine di favorire la propria attività imprenditoriale a Milano?
Per citare Shakespeare, verrebbe davvero da dire “molto rumore per nulla”.